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A volte, non appariamo a noi stessi per come vorremmo essere.
A volte, siamo fin troppo condizionati dal giudizio estetico di certi canoni imposti, in cui magari non ci riconosciamo appieno ma che tutto pare obbligarci a rispettare.
A volte, semplicemente siamo troppo giovani.
A volte, bisogna ponderare bene un intervento chirurgico.
La storia di Monica, e della sua vera sofferenza, può esserci utile a capire l’importanza dell’anamnesi e della corretta valutazione di una patologia proctologica.

Monica ha 22 anni. 
Negli anni passati faceva uso di tisane lassative perché convinta di pulire l’intestino e di mantenere il suo peso forma, fin quando non è iniziata a star male con perdite di sangue continue durante la defecazione e la fuoriuscita di protrusioni anali dolenti. 
Le continue diarree provocate dalla tisana, con relative perdite di sangue, hanno portato ad uno stato anemico debilitante. 
Preoccupati, i genitori hanno deciso di far visitare Monica da uno specialista che ha fatto diagnosi di emorroidi e proposto un intervento chirurgico. 
Quale? La cosiddetta Tecnica di Longo. 
Monica è stata operata a dicembre 2018. 
Dopo l’intervento sono continuate le perdite di sangue e le protrusioni anali, sempre con tanto dolore.
Dopo mesi di sofferenza il chirurgo ha sospettato la presenza di una “marisca” che determinava i sintomi e che Monica esagerava nel lamentare le sue sofferenze e avrebbe avuto bisogno di uno psicologo.                                     
Ho visitato Monica a marzo 2019: una ragazza di 22 anni, con viso sofferente e angosciato. 

Cicatrice interna con diverticolo

A parte i suoi errori di comportamento nel voler assumere, in passato, le tisane lassative, non aveva alcuna colpa del suo stato patologico. 
Il suo dolore era vero. 
Alla fine della visita, completata con la Videoproctoscopia Digitale, ho potuto constatare che Monica continuava ad avere una patologia emorroidale di III grado, aggravata da un prolasso mucoso anteriore sanguinante, da uno stato anemico evidente e soprattutto all’interno del retto portava tutti i segni di una complicazione dell’intervento subito. 
Infatti il retto era diviso da un cercine cicatriziale con la formazione di un diverticolo (iatrogeno), ed era tutto infiammato. 
Ho ritenuto opportuno impostare una adeguata terapia medica, volta a curare l’evacuazione, l’infiammazione e la patologia emorroidale mai curata e guarita e programmare un intervento chirurgico definitivo. 
Intanto lo stato anemico era così grave da programmare anche delle emotrasfusioni
La storia di Monica avrà sicuramente una svolta positiva ma, a mio parere, sarà difficile per lei dimenticare le conseguenze di un intervento chirurgico inappropriato. 

L’importanza dell’anamnesi

La storia di Monica ci conferma che in medicina, e nello specifico nella delicata specialistica della proctologia, è fondamentale eseguire sempre un’anamnesi accurata e ragionata del paziente, a prescindere dallo stato conclamato o meno della patologia. 

Cicatrice che segmenta il retto

Le diverse patologie ano-rettali hanno in comune molti sintomi e per questo, spesso, ci si può tranne in inganno quando la diagnosi si basa solo sulla rilevazione dei sintomi. 
Ovviamente, un qualsiasi approccio terapeutico non può prescindere dall’individuazione esatta della patologia, comprese le eventuali complicanze che essa comporta.
Non sono poi da trascurare gli effetti concatenati di più patologie che si susseguono, e che magari sono dipendenti e concausate.

Emorroidi interne

Nell’esempio di Monica, è logico supporre che lo stato emorroidario è stato indotto dall’abuso di lassativi, che a sua volta è stato indotto da modelli comportamentali e sociali sbagliati (perché deleteri per la salute), nonché a scarsa informazione medica.
Quasi tutti i problemi ano-rettali benigni sono causati da un’evacuazione non corretta: la stipsi (così come anche la frequente diarrea) provoca piccole lacerazioni e costante infiammazione delle mucose anali, oltre che una pressione intraddominale sovente eccessiva.
Il prolasso emorroidario è quindi statisticamente più probabile nei pazienti che hanno frequenti o croniche disfunzioni dell’evacuazione, ed il caso di Monica può essere un buon esempio di ciò.

L’importanza della corretta diagnosi

Per una corretta diagnosi di patologia proctologica non è sufficiente una semplice visita manuale ano-rettale, ma è sempre necessario un accurato esame obiettivo generale e in particolare addominale e completare la visita con la Videoproctoscopia Digitale o, in assenza di essa, con altro esame endoscopico di base (anoscopia o anorettoscopia). 

L‘importanza della scelta terapeutica

Una corretta diagnosi è sicuramente un ottimo e necessario punto di partenza, ma deve essere seguita anche da un percorso terapeutico egualmente corretto.
Nel caso di Monica, è evidente che l’intervento chirurgico alla quale è stata sottoposta, nonostante la giovanissima età, abbia portato più problemi che benefici. 

Emorroidi e prolasso mucoso del retto

Piuttosto che impostare un percorso terapeutico, il medico ha deciso di procedere con una tecnica chirurgica che non solo non ha risolto la problematica, ma ha peggiorato enormemente la situazione.
L’approccio chirurgico (di qualsiasi tipo), soprattutto nei pazienti molto giovani, deve essere considerato solo dopo aver accertato e curato la causa della patologia e valutato l’efficacia di un eventuale protocollo terapeutico farmacologico.
È bene ricordare inoltre che ogni tecnica chirurgica a prescindere dalla tipologia, deve comunque garantire al paziente la totale e sicura risoluzione del problema, rispettando gli sfinteri e garantendo il minimo disagio post-operatorio.
Monica è finita in sala operatoria per un problema di emorroidi, che a prescindere dalla sua origine comunque non è stato risolto ma anzi, la patologia s’è ulteriormente aggravata di complicanze anche serie: ciò non può e non deve essere un normale intercorso chirurgico, poiché l’uso della chirurgia deve sempre garantire potenzialmente più benefici che complicanze.

Le emorroidi e l’uso della chirurgia: quando?

Le emorroidi ed il loro prolasso sono una patologia comune ma non per questo meno seria: causano imbarazzo, dolori, sofferenza ed una qualità della vita molto abbassata rispetto ad una condizione non patologica.
Oggigiorno, le emorroidi possono e devono essere trattate, ma il percorso di risoluzione non deve essere necessariamente chirurgico: ci sono vari stati del prolasso (convenzionalmente quattro), e non tutti necessitano di intervento chirurgico.
Per i primi due stadi, si possono ottenere ottimi risultati con un’opportuna terapia, che miri sostanzialmente a garantire evacuazioni morbide e regolari ed aiuti la microcircolazione del plesso emorroidale e la sua protezione parietale.
Se la terapia farmacologica fallisce sono indicati gli interventi mini-invasivi, che hanno il vantaggio – ed il nome lo lascia suggerire – di portare il minimo disagio al paziente, e molti di essi possono essere effettuati anche in ambito ambulatoriale.
Sono ottimi esempi di tecniche chirurgiche mini-invasive la legatura elastica, la scleroterapia e la coagulazione all’infrarosso, la tecnica HELP, la tecnica THD.

Tecniche mini-invasive e tecniche radicali

Una riabilitazione del pavimento pelvico è altresì a volte proposta per la risoluzione della stipsi espulsiva: come detto in precedenza, le emorroidi patologiche sono una conseguenza di una problematica scatenante, che deve essere identificata e trattata.
Se non si interviene sull’origine del prolasso, è inutile mantenere i benefici di un trattamento.
Per gli stadi più avanzati delle emorroidi che necessitano di intervento chirurgico è imperativo valutare il tipo d’intervento da utilizzare: ad esempio, se mini-invasivo oppure un intervento radicale.
Laddove le tecniche mini-invasive (ad esempio, THD) non possono garantire la riduzione del prolasso emorroidale, è necessario ricorrere alle tecniche chirurgiche radicali.

Prolasso emorroidale

Tali tecniche, che si effettuano in anestesia, possono essere di varia natura, ma devono comunque rispettare gli sfinteri, ridurre al minimo il rischio di complicanze (come purtroppo ha potuto sperimentare Monica), riportare il canale anale ad una situazione di normalità e risolvere definitivamente la patologia, con risultati apprezzabili e duraturi nel tempo.
La scelta del piano terapeutico o chirurgico deve sempre essere effettuata dal medico professionista proctologo, ed è bene sottolineare che non esiste una tecnica od una terapia migliore dell’altra, così come non esiste una panacea universale risolutiva per ogni caso.
Dalle emorroidi patologiche si può e si deve guarire, ma il percorso non può e non deve essere ‘accorciato’: ogni stadio ha il suo specifico percorso di cura, che lo specialista sa riconoscere e deve comunicare al paziente, tranquillizzandolo e portandolo passo passo verso la guarigione.

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